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Nuto Revelli

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Benvenuto “Nuto” Revelli, nasce a Cuneo nel 1919. Dopo aver ottenuto il diploma di geometra, entra nel 1939 alla Regia Accademia di fanteria e cavalleria a Modena., dove consegue il grado di sottotenente. Il 21 luglio 1942 parte per la guerra di Russia, accorpato alla 46a Compagnia del Battaglione Tirano del 5° Reggimento Alpini della divisione Tridentina.
Sul fronte russo vive sulla propria pelle la drammatica esperienza della guerra, toccando con mano non solo la crudeltà e la sofferenza, ma anche l’impreparazione dell’esercito italiano, mandato a combattere allo sbando dal regime fascista, l’abbandono delle truppe e il tradimento dell’alleato tedesco.
Rientrato a Cuneo decide di lottare contro la guerra, i tedeschi e i fascisti, organizzando le prime bande partigiane del cuneese. Fonda con Piero Bellino e altri ufficiali la Compagnia Rivendicazione Caduti, una formazione partigiana così denominata in ricordo dei soldati caduti in Russia. Nel febbraio 1944 si unisce a Paralup (Valle di Stura), sede della banda Italia Libera di Tancredi “Duccio” Galimberti e Livio Bianco, alle formazioni di Giustizia e Libertà, assumendo un ruolo di primo piano, grazie alla sua esperienza militare.
Nella primavera del 1944 è a capo della IV banda e, successivamente, assume il comando della Brigata Valle Vermenagna e della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, inquadrate nella prima divisione Giustizia e Libertà. Nei giorni della liberazione, Nuto Revelli è alla guida della V Zona partigiana del Piemonte.
Nel 1945, al termine del conflitto, sposa Anna Delfino (scomparsa nel 2000), figlia di un ufficiale dell’esercito, che nel 1947 dà alla luce il figlio Marco.
Autore di Pietà l’è morta, tra i più noti canti partigiani, e della Badoglieide, scritta nell’aprile 1944 con Nino Monaco, Alberto e Livio Bianco, Nuto Revelli trae proprio dall’esperienza partigiana e dalla guerra fascista ispirazioni per i propri libri, che hanno nella storia vista “dal basso” il punto di osservazione privilegiato. Tra le sue prime opere si ricordano Mai tardi. Diario di un alpino in Russia (1946), La guerra dei poveri (1962), La strada del Davai (1966), raccolta di testimonianze di quaranta alpini sulla guerra e la prigionia in Russia, che troverà la sua naturale evoluzione in L'ultimo fronte. Lettere di soldati caduti o dispersi nella seconda guerra mondiale (1971).
Nuto Revelli rivolge poi il suo interesse verso quel mondo contadino che le grandi trasformazioni economiche e sociali conducono ad un inarrestabile declino. Un mondo narrato attraverso coloro che non hanno voce, che trova spazio ne Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina (1977) e ne L’anello forte. La donna: storie di vita contadine (1985), frutto di un lungo e paziente lavoro di  raccolta di testimonianze, trascrizione e selezione della grande mole di materiale raccolto, suddiviso nelle sezioni Pianura, Collina, Montagna, Langhe.
Nel 1994 Nuto Revelli dà alle stampe Il disperso di Marburg, romanzo che si sviluppa intorno alla figura di un giovane tedesco catturato dai partigiani mentre qualche anno dopo, nel 1998, è pubblicato Il prete giusto, un commovente ritratto di don Viale, un sacerdote che dopo aver salvato tante vite umane ed essere stato riconosciuto “Giusto tra le nazioni” da Israele, subisce lo smacco dell’esclusione e della sospensione a divinis da parte delle gerarchie ecclesiastiche. L’anno successivo l’Università di Torino gli conferisce la laurea Honoris causa in Scienze dell’Educazione.
Nel 2003 viene pubblicato Le due guerre, ultimo libro di Nuto Revelli: un libro dedicato alle nuove generazioni che rappresenta una rilettura fedele dei venticinque anni che vanno dall’ascesa del fascismo, alla liberazione.
Muore a Cuneo il 5 febbraio 2004.