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Gino Bartali

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Gino Bartali (1914-2000), l'asso del ciclismo dagli anni '30 agli anni '50, durante la guerra protesse gli ebrei. Da Firenze faceva numerosi viaggi in bicicletta, fatti passare per severi allenamenti, fino ad Assisi. Partiva presto con fotografie di ebrei rifugiati a Firenze nascoste nella canna della bici.
Alcune delle testimonianze dei tanti ebrei rifugiati ad Assisi, parlano della “rete di soccorso degli ebrei perseguitati”, formatasi ad Assisi a partire dall’autunno 1943 e coordinata da Mons. Giuseppe Placido Nicolini e dal giovane sacerdote don Aldo Brunacci, nella quale erano attivi anche padre Rufino Niccacci, guardiano di S. Damiano, e il santuarista del Sacro Convento, padre Michele Todde.
Di questa rete facevano parte il tipografo assisano Luigi Brizi e suo figlio Trento, i quali possedevano una piccola bottega dove eseguivano lavori di tipografia con la macchina a pedale. Durante la guerra fu proprio questa macchina, la Felix a pedalina, a stampare le carte d’identità e le carte annonarie false, realizzate da Luigi e Trento, che permisero agli ebrei di soggiornare indisturbati in alberghi o presso famiglie, nonché di ottenere razioni di cibo.
Talvolta, il figlio Trento dovette arrischiarsi nelle campagne in bicicletta (prestatagli da Padre Aldo Brunacci) per recapitare le carte a Foligno. Gino Bartali nascondeva dentro il telaio cavo della sua bicicletta questi importantissimi documenti che riportava in giornata a Firenze.
Il 16 luglio 1997 allo Yad Vashem, il Mausoleo di Gerusalemme costruito per ricordare le vittime della shoah, è stato riconosciuto al padre Luigi e al figlio Trento Brizi il titolo di “Giusti fra le Nazioni”, riservato a quanti misero a repentaglio la propria vita per soccorrere gli ebrei durante il periodo della shoah.
Nel novembre 1943 Bartali, sospettato per quei molti viaggi, fu interrogato a Villa Triste dal comandante della polizia fascista, della temuta banda Carità. Ma, grazie anche alla sua fama di ammirato campione, e alla sua devozione francescana, non si approfondì e tutto andò per il meglio. Questa notizia riguardante un noto campione fa piacere a chi lo ammirò come sportivo e come uomo, e ci ricorda che molte altre persone sconosciute, certamente, fecero simili azioni umanitarie rischiose. Furono 800 gli ebrei che grazie al suo aiuto si salvarono dalle persecuzioni. Gino Bartali era membro di un’organizzazione clandestina guidata dal pisano Giorgio Nissim, cui apparteneva anche Giorgio La Pira e il cardinale di Firenze Elia Dalla Costa. I suoi viaggi in bici ad Assisi e ritorno (380 km) furono almeno 40 tra settembre 1943 e giugno 1944. Un giorno, travestitosi da milite della Repubblica Sociale Italiana, fece evadere cinquanta soldati inglesi prigionieri. A Bartali fu dedicato il primo albero nel Giardino dei Giusti, creato a Firenze nel parco dell’Orticoltura.
Ma l´attività del campione non si limitò a far da staffetta. Gino sfidò le SS, offrendo rifugio ai quattro componenti della famiglia Goldenberg, ebrei profughi fiumani, in uno scantinato che possedeva in comproprietà col cugino Armandino Sizzi, un locale che si affacciava su un piccolo cortile interno, in via Bandino. Bartali si era sposato da poco, nell´ottobre del 1941 era diventato padre di Andrea, i capoccioni fascisti del quartiere lo convocavano spesso perché sospettavano di lui ma non avevano abbastanza prove per incastrarlo, e lo sottoponevano a sorveglianza. Nonostante ciò, Bartali accolse i quattro profughi di Fiume negli ultimi mesi dell' occupazione nazista di Firenze, i mesi più terribili e cruenti. I Goldenberg erano miracolosamente scampati alle retate dei fascisti a Fiume e avevano trovato riparo in quel di Fiesole. Giorgio è iscritto alla scuola elementare ebraica, fa la spola da Fiesole e a Firenze mentre i suoi genitori diventano amici di Bartali e di Sizzi: «Non ricordo quale fu la genesi di questo rapporto, ma ricordo quando Bartali fece capolino nel salottino di casa nostra». A Firenze, la situazione precipita, le vite degli ebrei sono appese a un filo: «Bartali ci propose di nasconderci in una cantina che aveva in zona Gavinana. Era molto piccola. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale, io, mia sorella Tea e i nostri genitori. Non so dove loro trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai, mentre mia madre andava con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo». Il figlio di Bartali, Andrea, è rimasto commosso da questo episodio che ignorava: «È una notizia bellissima che dimostra ancora una volta il grande cuore di mio padre». È in corso la raccolta di altre testimonianze che consentano di accogliere anche Gino Bartali nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme.