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Spostamenti forzati di popolazione nel dopoguerra: Briga e Tenda

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Negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, l’Europa si trova a essere l’epicentro di spostamenti forzati di popolazione: vere e proprie fughe di massa che ridisegnano le carte geografiche e i confini politici dell’intero continente.
Un lungo dopoguerra, la cui scia tocca l’Italia alle prese con un’amputazione territoriale definita con la firma del Trattato di Pace di Parigi il 10 febbraio 1947. Una firma che, oltre alla cessione delle colonie italiane in Grecia, Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia, decreta il passaggio di Fiume, Zara, gran parte dell’Istria e del Carso triestino e goriziano alla Jugoslavia e la consegna alla Francia di Briga, Tenda e la Valle Roja, unitamente a una buona parte del versante italiano dell'altopiano del Monginevro, del colle del Moncenisio e della porzione occidentale del colle del Piccolo San Bernardo.
Nella Venezia-Giulia le autorità jugoslave, responsabili di violenze di massa che raggiungono il loro punto più drammatico con le foibe dell’autunno del 1943 e della primavera del 1945, adottano nei confronti del gruppo nazionale italiano, la cui presenza su questi territori risale all’epoca   romana, intimidazioni, vessazioni e pressioni espulsive che, unite a motivazioni di carattere economico, culturale, politico e sociale, lo portano a disperdersi in una profuganza che avrà come meta finale l’Italia, l’Australia e il continente americano. Una vicenda coinvolgente non meno di 250.000 persone e meglio nota come esodo giuliano-dalmata.
Pronta a difendere il suo prestigio sulla scena internazionale, la Francia intraprende una linea politica volta all’annessione di Briga, Tenda e della Valle Roja, saldando motivazioni politiche a elementi di natura economica, primo tra tutti la presenza nel bacino della Valla Roja di centrali idroelettriche, preziose risorse per ottenere l’energia necessaria alla ricostruzione del paese transalpino. Il Trattato di Parigi entra in vigore il 15 settembre 1947, giorno in cui le autorità francesi prendono possesso del municipio di Tenda avviando una restaurazione linguistica che, oltre a quella anagrafica interessante i nuovi nati, prevede la francesizzazione della toponomastica stradale, delle insegne degli esercizi commerciali, delle lapidi mortuarie e delle iscrizioni pubbliche. Per consolidare la propria posizione, il 12 ottobre 1947, le autorità francesi indicono un plebiscito con un duplice intento: fissare la volontà della maggioranza della popolazione ad accettare il passaggio di territorio e fugare, su scala internazionale, ogni dubbio sulla giustezza della scelta emersa dal tavolo di Parigi. Partecipano alla consultazione solo i cittadini residenti nella zona alla data del 12 ottobre 1947, quelli con almeno un genitore nato nei paesi interessati e coloro che sono in grado di dimostrare di avervi avuto domicilio prima dell’avvento del fascismo. Dalla votazione sono esclusi tutti coloro che, dopo il passaggio dei territori alla Francia, decidono di trasferirsi in Italia. Su un totale di 2.845 votanti, 2.603 si esprimono a  favore dell’annessione, 137 si astengono, 218 esprimono parere negativo e 24 voti sono dichiarati nulli. Prima del definitivo passaggio alla Francia, parte della popolazione di Briga e Tenda decide di avvalersi del  diritto di opzione, una clausola prevista dal Trattato di Pace di Parigi che consente ai cittadini di lingua italiana, residenti nei territori destinati a passare sotto la sovranità francese, di mantenere la cittadinanza italiana e trasferirsi in Italia. Una strada percorsa da circa 750 persone (575 da Tenda e 175 da Briga) che superano il confine giungendo sul versante italiano della valle, dove si trovano a vivere nella condizione di profughi, inducendo le autorità locali ad approntare una rete assistenziale in grado di soccorrerli. I locali Enti Comunali di Assistenza e l’Ufficio provinciale di assistenza post bellica si occupano di concedere loro sussidi in denaro, vestiario e generi di prima necessità. Come i profughi giuliano-dalmati (la cui presenza ammonta a circa 340 unità nell’intera provincia di Cuneo), anche quelli provenienti da Briga e Tenda sono ospitati in ricoveri di fortuna: scuole, ex ospedali, e caserme dismesse, come la Caserma Leutrum a Cuneo, le ex Caserme a Caraglio e gli edifici della Caserma Alpina Principe di Piemonte a Borgo San Dalmazzo. Un ricovero provvisorio che precede il trasferimento in abitazioni vere e proprie, le prime delle quali sono individuate nei comuni di Benevagienna, Ormea, Bagnasco, Garessio, Ponte di Nava, Narzole, e Dronero.