Menu di scelta rapida
Sei in: Home / Cultura / Esposizioni e mostre / 2011 / Percorso mostra / 1922 - 1948 Fascismo Guerra Resistenza Costituzione  / Stanza 11 / Luigi Einaudi, pioniere del federalismo europeo

Luigi Einaudi, pioniere del federalismo europeo

Link alla versione stampabile della pagina corrente

Statista, economista, uomo politico, il nostro conterraneo Luigi Einaudi ha onorato l’Italia dall’alto della carica presidenziale, da lui ricoperta e svolta con intelligenza e rigore. Ed anche con prestigiosi apporti in campo amministrativo, scientifico e culturale.
Sussiste poi un altro contributo di intensa vocazione einaudiana, che ha fatto storia e che costituisce un punto di forza del pensiero contemporaneo. Si tratta del progetto federalista europeo, concepito come l’unico ed efficace strumento per promuovere la pace nel tessuto connettivo di un Continente da sempre dilaniato da devastanti conflitti interni.
L’Europa moderna e contemporanea, alimentata dal mito della sovranità assoluta degli stati, secondo il principio della summa potestas superiorem non recognoscens, aveva drammaticamente denunciato i suoi limiti e le sue intrinseche contraddizioni nei ricorrenti dinamismi bellici, sfociati nella Grande Guerra, responsabile di una vera e propria ecatombe umanitaria e di lacerazioni socio-economiche senza precedenti.
La costituenda Società delle Nazioni, secondo la proposta del presidente americano Wilson, avrebbe dovuto inaugurare la pacifica convivenza fra gli stati, attraverso la soluzione politica e diplomatica delle future controversie. Ma l’ambizioso traguardo non poteva decollare e non decollò. Se ne accorse immediatamente Luigi Einaudi, che non perse occasioni per rilevare il peccato d’origine di tale Organismo, viziato al suo interno dall’inossidabile sovranità mantenuta dai singoli membri. E questo non poteva che condizionarne irrimediabilmente la funzione di arbitro indipendente e risolutivo delle controversie internazionali. L’impianto confederale era, agli occhi di Einaudi, un limite oggettivo.
Per uscire dalle perniciose e pericolose inconcludenze dell’opzione statocentrica, occorreva, secondo l’illuminata e profetica analisi einaudiana, imboccare la strada della federazione, disciplinata e retta organicamente da un governo sopranazionale, a cui i vari componenti dovevano cedere buona parte della loro sovranità. Era questo il percorso obbligato per conseguire la pace e potenziare la libertà in Europa e nel resto del mondo.
L’ex Presidente della Repubblica concludeva un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 4 aprile 1948 con queste parole: “Siete […] decisi a dare il vostro voto e il vostro appoggio soltanto a chi prometta di dar opera alla trasmissione di una parte della sovranità nazionale ad un nuovo organo detto degli Stati Uniti d’Europa? Se la risposta è affermativa e se alle parole seguono i fatti, voi potete veramente, ma allora soltanto, dirvi fautori della pace. Il resto è menzogna.”
L’Unione Europea ha raggiunto il prezioso traguardo della pace. Ma le sirene dei subdoli nazionalismi statuali sono ancora in agguato. La lezione di Einaudi è sempre di attualità. Come un tempo. Forse più di un tempo.