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Enrico Bafile e la “Formula della Pace”

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1916. Enrico Bafile, pretore e sindaco di Busca (CN) dal 1953 al 1957, mentre infuria la prima guerra mondiale, scrive un testo in cui tratta la possibile abolizione della guerra come un problema da risolvere giuridicamente. Non a caso il libro è dedicato ai professori universitari che gli hanno insegnato ad amare il diritto.
Amante delle scienze giuridiche dunque, ma soprattutto pacifista, auspica la costituzione di un Ente Plurinazionale cioè di un’organizzazione fra Stati, capace di garantire una pace stabile con la forza Etica e Fisica del Diritto.
“Deferire la decisione di tutte le controversie
presenti e future a un Ente Plurinazionale,
capace di dichiarare il Diritto, e sufficientemente
armato per attuarlo tra gli Stati aderenti e per
difendere questi dai non aderenti”.
Gli Stati aderenti, riconosciuto il reciproco diritto di esistere, dovrebbero accettare una limitazione della propria libertà e contribuire alla costituzione di un esercito plurinazionale con un numero di uomini proporzionato alla loro popolazione o alla loro ricchezza. Tali forze armate interverrebbero solo in casi estremi e solo dopo l’utilizzo di armi meno cruente, quali, ad esempio il boicottaggio. Gli ufficiali dovrebbero uscire da un’unica scuola, indipendentemente dalla loro nazionalità, vestire la stessa divisa, parlare la stessa lingua.
La Presidenza, elettiva e temporanea, sarebbe costituita da più persone, aventi tutte uguale grado e diversa nazionalità.
Tutti i popoli che aspirano alla sicurezza dell’avvenire, anche i paesi coinvolti nella guerra potrebbero concorrerebbero così alla creazione di questo Organo del Diritto, il solo che potrebbe assicurare la Giustizia fra gli Stati. (L’autore, pur scrivendo nel 1916, sembra evocare già la costituzione di Organizzazioni, quali l’ONU e la NATO che sarebbero nate solo alcuni anni dopo. E come non leggere tra le righe del suo scritto l’articolo 11 della nostra Costituzione quando recita: “L’Italia ripudia la guerra…consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…” ?).
Graduale sarebbe l’adesione, graduale l’abolizione della guerra, graduale il cammino del progresso. Questa è l’unica via che conduce alla pace.
Non deve apparire inopportuno il momento storico in cui avanza tale proposta anzi, come afferma l’autore, il momento è propizio e l’accordo è possibile solo quando le sorti della guerra sono incerte e gli Stati coinvolti si trovano in una condizione di Eguaglianza Provvidenziale:
“…Se un gruppo di belligeranti riuscirà a prendere
il sopravvento, l’ebbrezza della vittoria toglierà di
nuovo la chiara visione del problema, e i vincitori
cercheranno nel trattato di pace di assicurarsi i
maggiori vantaggi…quanto più gravi saranno i
pesi imposti al nemico, altrettanto più fragili saranno
le basi del trattato…
Si vegli dunque per afferrare l’attimo che fugge…”.

L’autore auspica che sia l’Italia, in passato culla del diritto di Roma, ad aderire per prima al Diritto Delle Nazioni, mostrandosi all’avanguardia della nuova civiltà.
Molti sarebbero i vantaggi che deriverebbero dall’attuazione della FORMOLA DELLA PACE: una Pace definitiva e stabile, una vittoria senza vincitori né vinti ma anche e soprattutto un ridimensionamento delle contese fra Stati e quindi abolizione delle guerre, risparmio di vite umane, risanamento dei bilanci (grazie alla diminuzione delle spese militari), una lingua universale, obbligatoria nei soli rapporti fra Stati…una lingua di Pace…
Enrico Bafile scrive questo testo dopo aver esaminato cause e conseguenze delle guerre di ogni tempo e si rivolge non solo all’Italia ma anche ad altri Stati, belligeranti e non… perché:

“Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate.
Il mondo è bello e santo è l’avvenire”.

L’opportunità di avanzare una tale proposta in quel particolare momento storico, sarà sottolineata anni dopo, 29 settembre 1939, in un articolo dal titolo “Fra Guerra e Pace – Il Momento Propizio”, pubblicato dall’Osservatore Romano.