Colonialismo italiano: 500mila africani uccisi
Impossibile tenere la contabilità di settant’anni di violenze e di stragi. C’è un filo rosso, di sangue, che lega le sentenze di morte di Crispi, Giolitti e Mussolini. Ciò che sappiamo, per certo, è che l’ordine era di annientare più che di vincere e conquistare, per fare spazio agli italiani, ingordi di terre e di ricchezze. Il numero dei morti in guerra è inferiore a quello dei giustiziati, degli impiccati, dei fucilati, degli arsi vivi, e 50 mila sono morti nei lager della Sirtica (nel golfo della Sirte, in Libia), di Nocra (nell'isola omonima, in Eritrea), di Danane (sulla costa somala), per fame, epidemie, decimazioni. Siamo giunti, dopo 40 anni di ricerche nei nostri archivi e in quelli dei paesi conquistati, a stabilire che i morti africani sono almeno 500 mila, fra eritrei, libici, somali ed etiopici, cifra stimata sicuramente non per eccesso, ma per difetto. (Angelo Del Boca, Nigrizia, luglio-agosto 2006). Tanti come gli abitanti di Firenze e Arezzo messi assieme. Siamo andati in Africa per questioni di prestigio, non per necessità, non per portarvi civiltà e benessere, non per carità cristiana, ma perché era di moda rapinare i più deboli, privarli della loro storia. ridurli alla condizione di schiavi. Ci ritenevamo superiori, per stirpe e intelligenza, e consideravamo gli indigeni fuori dal consorzio umano.
Questo spiega le crudeltà, le esecuzioni in massa, la deportazione di intere popolazioni, la forca come simbolo del diritto e come efficace arma deterrente. Abbiamo scritto, su questa storia di violenze e sopraffazioni, più di ventimila pagine, senza illuderci di aver offerto un quadro completo dei fatti. Ogni giorno, se frugate tra le carte degli archivi di Stato, scoprite un nuovo delitto, una nuova infamia, un nuovo tassello del dipinto della vergogna.