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Obiettori di coscienza

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La famosa frase con cui Gandhi parla della nonviolenza, che considera “antica come le colline”, si applica anche all'obiezione di coscienza, tanto che si può risalire a San Massimiliano, patrono degli obiettori di coscienza, che fu decapitato nei pressi di Cartagine, a Tebessa, il 12 marzo dell'anno 295 dopo Cristo, per essersi rifiutato di prestare il servizio militare nell'impero romano. Ma è soltanto nel Novecento che l'obiezione di coscienza diventa fenomeno più diffuso, sino ad acquisire un carattere di massa. I primi casi significativi avvengono durante la prima guerra mondiale. Mentre negli USA e in Gran Bretagna gli obiettori di coscienza, appartenenti a svariati gruppi religiosi, furono decine di migliaia, in Italia solo pochi giovani ebbero il coraggio di obiettare.


Remigio Cuminetti

Quando nel maggio del 1915 l'Italia entrò in guerra, iniziarono le difficoltà particolarmente per uno dei primi testimoni di Geova italiani, Remigio Cuminetti. Fu chiamato per il servizio militare, ma egli decise di mantenersi neutrale. Per questo fu processato dal Tribunale Militare di Alessandria. La sentenza n.309 del 18 agosto riporta i motivi di coscienza adottati da Cuminetti. Un'altra testimone, Clara Cerulli, presente al processo, ne fece una dettagliata relazione al fratello Giovanni De Cecca della Betel di Brooklyn, che sempre si interessò dell'attività svolta dai fratelli italiani. La lettera, datata 19 settembre 1916, costituisce un'autentica testimonianza del suo processo.


Luigi Lué

La figura di Luigi Lué è ricordata da Edmondo Marcucci nelle sue “Memorie”,  che sono un vero e proprio "diario di bordo" del cammino verso il riconoscimento dell'obiezione di coscienza in Italia. Ecco come Marcucci ricostruisce l'obiezione di Luigi Lué:
"Un vero interessante caso di obiezione di coscienza fu quello di un umile zoccolaio, cristiano-tolstojano e socialista, che si rifiutò di andare al fronte nella stessa guerra 1915-18. Era Luigi Lué di San Colombano al Lambro… Al giudice capitano espose il motivo del suo rifiuto 'per obbidire alla Legge di Dio' e per le sue convinzioni tolstojane. Il giudice si alzò, gli stese la mano e disse: 'Caro, le idee di Tolstoi sono le più nobili che esistano al mondo'. Ciò avvenne nel 1917, in piena guerra. Nell'ultimo processo, alla domanda (la solita) del giudice: 'Se uno viene col fucile in mano per uccidervi, voi che cosa fate ?' Lué rispose semplicemente: 'Signor Presidente, mi scusi: quello bisogna che sia un pazzo'. Lo stesso Pubblico Ministero disse: 'Signori del tribunale, siamo davanti al caso di uno di quegli uomini – ve ne sono in ogni parte del mondo – che non transigono a qualunque costo e vivono in un loro mondo spirituale. Quindi la nostra Legge è impotente contro la loro Legge”.


Alberto Long


Alberto Long nasce a Torre Pellice nel 1887 e a 28 anni entra in contatto con il messaggio evangelico. Diventa pastore avventista e svolge il suo ministero sia in Italia sia nelle missioni, in particolare in Madagascar.
Chiamato a svolgere il servizio militare durante gli anni della prima guerra mondiale, si rifiutò di impugnare le armi e dichiarò al suo colonnello:
«Fatemi fare l’infermiere anche al fronte sotto i cannoni, ma il fucile non lo prendo».
Venne arrestato, ammanettato e portato davanti al tribunale di guerra. Fu inizialmente condannato dal tribunale militare di Torino a cinque anni di reclusione, successivamente da quello di San Donà del Piave a sette anni. Nonostante la condanna, gli ufficiali militari lo tirarono fuori di prigione e lo inviarono al fronte ma lui rifiutò nuovamente di prendere le armi. Fu portato per la terza volta davanti al tribunale e il Pubblico Ministero questa volta chiese la fucilazione. Nonostante il suo avvocato fosse riuscito a dimostrare che Long non era un vigliacco, ma un obiettore di coscienza per motivi religiosi, fu ugualmente condannato a venticinque anni di reclusione da scontare nel forte di Savona. L’epilogo fu comunque felice perché dieci mesi dopo venne liberato in seguito a  un’ampia amnistia decretata dal governo.