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Aigues Mortes, Lione e America Latina. Violenze contro gli italiani

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Aigues Mortes è un piccolo centro del Midi francese, la cui maggiore fonte di reddito è rappresentata dal sale estratto dalle saline che circondano il paese. Un lavoro nel quale sono impiegati operai francesi e lavoratori stagionali, tra cui molti italiani.
La raccolta del sale è dura e faticosa: dodici ore giornaliere, dalle sei del mattino alle sei di sera, con un’ora di riposo all’interno di baracche di legno con letti di paglia. Oltre ad estrarlo, i salinari si occupano anche del ruolage, e cioè del trasporto del minerale che, diviso in mattonelle, avviene in apposite carriole, ognuna delle quali ha una capienza di 100 chilogrammi. Un’operazione molto pesante, quasi mai eseguita dai francesi, ma affidata alle braccia dei lavoratori italiani che in una giornata di lavoro, di circa dodici ore, guadagnano tra gli undici e i quindici franchi.
Nell’agosto 1893 nelle saline di Aigues Mortes lavorano 1.300 persone: 800 francesi e 500 italiani, in gran parte piemontesi, lombardi, liguri e toscani. Accusati dagli operai del luogo di sottrarre loro il lavoro, di accettare bassi salari e di essere tra le cause principali della disoccupazione, gli stagionali italiani (immigrati per i quali i francesi coniano epiteti come macaronì, chinois o surineur e cioè subdoli pugnalatori alle spalle) diventano bersagli e vittime di un crescendo di violenza. Essa raggiunge il picco più quando, dopo una lite avvenuta tra un operaio italiano e un francese, si diffonde la voce, falsa, dell’uccisione di alcuni operai francesi da parte dei nostri stagionali. La situazione precipita: una folla inferocita si dirama per le vie del paese picchiando ogni italiano che capita sotto tiro. È il 15 agosto 1893. Il giorno seguente il prefetto della città decide di espellere i lavoratori italiani, pregando la cittadinanza di far cessare i disordini e assicurandola sull’assunzione nelle saline di tutti i lavoratori francesi che lo avrebbero desiderato. Agli stagionali italiani non resta che partire. Il pomeriggio, circa ottanta di essi, scortati da un esiguo numero di gendarmi, si incammina sulla strada che dalle saline conduce alla stazione. Poche centinaia di metri percorsi attorniati da una folla inferocita che in prossimità di una delle porte d’ingresso della città, blocca gli italiani cercando di gettarli in un canale irriguo che costeggia la strada sulla quale transitano. Una decina di loro scivola in acqua, mentre il resto della colonna è costretta ad affrettare il passo. Alla fine della giornata si tirano le somme: nove morti accertati e sedici dispersi, che non faranno mai più ritorno a casa. In seguito ai fatti di Aigues Mortes il governo francese apre un’inchiesta ufficiale, che si conclude con il non luogo a procedere e il proscioglimento degli imputati.
Gli episodi di Aigues Mortes non restano isolati ma hanno un seguito a Lione, dove nel 1894, l’anarchico italiano Sante Caserio uccide Sadi Carnot, Presidente della Repubblica francese. Il suo gesto dà vita ad un’ondata anti-italiana che scuote la città per tre lunghi giorni, obbligando migliaia di italiani ad abbandonare il paese, lasciando al saccheggio e alla distruzione negozi, officine e laboratori.
Nei primi anni del Novecento, episodi di violenza contro gli italiani percorrono in lungo e in largo l’intera America Latina: in Brasile due giovani agricoltori italiani sono sequestrati e picchiati dal proprietario della fazenda in cui lavorano come braccianti, mentre a Baia Blanca, centro della provincia di Buenos Aires, al grido di mueran los gringos (nomignolo, quest’ultimo, utilizzato dagli argentini per identificare l’immigrato italiano), la polizia locale assale alcuni operai italiani ferendone quattro, e procedendo ad arresti indiscriminati. In entrambi i casi le inchieste ufficiali che ne seguono negano l’accaduto.