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02.11.2020 - Attività Istituzionali Interne

102° Anniversario della Vittoria, Festa dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate

A seguito della nuova ondata di epidemia da Covid-19, in relazione alla vigenza dei provvedimenti restrittivi connessi all’emergenza sanitaria in atto, il Ministero dell’Interno, pur sottolineando l’elevato significato storico e valoriale, ha disposto che le iniziative siano ridotte e circoscritte alle città individuate dal Ministero stesso.

Quest’anno pertanto a Cuneo non si terranno le consuete iniziative tradizionalmente organizzate.

L’Amministrazione comunale ha richiesto al Prof. Sergio Soave, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo, di poter pubblicare l’orazione ufficiale che avrebbe tenuto nell’occasione presso il Monumento della Resistenza.

Si ringrazia il Prof. Soave per aver acconsentito alla pubblicazione dell’orazione nel sito istituzionale del Comune di Cuneo. Di seguito il testo.

«Oggi, 4 Novembre 2020, celebriamo il Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate,  ormai a cento e uno anni dal decreto che volle una festività dedicata alla appena conquistata unità della Patria e a 71 anni dalla legge con la quale la Repubblica riconobbe il 4 Novembre come Giornata dell’Unità Nazionale.
Ricorrono altresì 21 anni dalla legge che apriva alle cittadine italiane l’arruolamento nelle Forze Armate, con una innovazione che ha determinato, da un lato, un contributo positivo alle capacità del Paese in materia di difesa e che, dall'altro, ha imposto una riflessione profonda sulle finalità e sulle modalità con cui esplicitarne i principi.

Che cosa abbiamo appreso da questa secolare commemorazione e riflessione?

Dopo un ventennio di sbornia retorica sulla vittoria del '15-'18, e la conseguente tragedia di una nuova guerra mondiale (1940-1945), ci si è finalmente avvicinati alla comprensione di ciò che ha determinato l'esito dei due conflitti.

Nel primo caso, il crollo di Caporetto fu dovuto allo spostamento di truppe tedesche ai nostri confini, una volta liberate dall'impegno sul fronte russo. Mentre con gli austriaci ce la vedevamo alla pari, il sostegno dei tedeschi, meglio armati e con migliori tecniche di assalto, provocò lo sfondamento che tuttavia fummo in grado di contenere anche grazie all'aiuto di contingenti anglo-francesi prontamente venuti a sostenerci, nel timore che il nemico arrivasse a Milano. Quando poi, nell'estate '18, gli Stati Uniti  entrarono effettivamente nella complessa partita con il preponderante peso dei loro uomini e delle loro armi, saltò l'intero precedente equilibrio e il crollo dell'impero austriaco agevolò la nostra pur tardiva marcia verso Vittorio Veneto.

Analogo fu il significato della vicenda della II guerra mondiale sulla quale non è neppure il caso di soffermarsi.

Imparammo la dura lezione dei fatti?

Nel primo dopoguerra no. Pensammo di aver vinto da soli e grazie al nostro solo valore e innestammo la spirale nazionalismo-fascismo che ci condusse a una nuova guerra.

Nel secondo dopoguerra sì.

Capimmo, recuperati a stento i nostri confini, che l'unica legittimità della guerra nasce dalla difesa del proprio territorio nazionale e che ogni altro tipo di guerra aggressiva e di conquista andava bandito.

Capimmo anche che i destini di una guerra dipendono da situazioni non riconducibili a una sola nazione e che, nell'epoca delle relazioni mondiali, un gretto nazionalismo non può avere che esiti negativi.

Questo soprattutto convinse le più grandi menti politiche dell'epoca, tra cui il nostro Alcide De Gasperi, a battersi fin dall'immediato dopoguerra alla costruzione faticosa di una unità europea che pur nelle forme imperfette in cui venne realizzata ha mantenuto al nostro continente 75 anni di duratura pace

Non è un caso, del resto, che su questi cardini si incentri la nostra mirabile Costituzione della Repubblica, varata nel gennaio 1948.

Da allora, mentre non è mai mancato l'omaggio e la commemorazione al valore del nostro esercito, delle gesta esemplari che hanno contraddistinto il comportamento di tanti militari, nonché del sempre crescente sacrificio delle popolazioni civili è iniziata una era nuova che ha spinto le Forze Armate e il Paese su nuove strade.

Come, infatti, non manca di ricordare il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,  i nostri militari assicurano, il sostegno dell’Italia alla salvaguardia dei diritti umani e nel contrasto al terrorismo nelle aree più martoriate del nostro pianeta. 
E così, fedele alla promessa costituzionale, in un mondo attraversato da molteplici tensioni e scosso da diffusa conflittualità, lo Stato italiano schiera oggi oltre 6000 persone in 22 Paesi, a salvaguardia dei più deboli ed oppressi. Né va dimenticato il ruolo di supplenza delle Forze armate nelle più pietose operazioni effettuate in patria nei momenti più tragici della recente epidemia da Corona virus, nonché il loro immediato e duraturo intervento a fianco delle popolazioni delle aree colpite da non più infrequenti disastri ambientali.

Quest'opera preziosa ed efficace, ha mutato la percezione della stessa identità delle Forze Armate che, senza perdere le tradizionali finalità, hanno arricchito enormemente e qualitativamente  il loro spettro d'azione e la loro immagine, acquisendo, su questi nuovi terreni di impegno, una considerazione internazionale straordinariamente positiva.
I traguardi raggiunti ci consentono, dunque, di guardare al futuro con fiducia, anche se consapevoli dei rischi e delle sfide portate tuttora alla pacifica convivenza. 

Sicché in questo giorno in cui celebriamo l’Unità Nazionale, festeggiamo le Forze Armate e manifestiamo il più vivo apprezzamento del Paese per la professionalità e le qualità umane espresse dai militari e dai dipendenti civili della difesa, è doveroso rivolgersi a tutti e in specie ai nostri giovani perché, leggendo i luminosi principi della nostra Costituzione, non dimentichino quanti sacrifici sia costato l'iscriverli a cardine dei nostri valori nazionali.»
                                                                                                                    Sergio Soave