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Source: Pixabay

12.08.2024 - Europe Direct

Bachi da seta e gamberetti, un possibile aiuto nella rigenerazione di pelle e ossa danneggiate

L’Unione europea sta finanziando numerose ricerche al fine di esplorare nuove soluzioni naturali per stimolare la riparazione della pelle e delle ossa.

Attualmente, nelle città di Trento e Rovereto, nel nord Italia, e a Bangkok, in Thailandia, gli scienziati sono impegnati nell'allevamento di bachi da seta nei vivai: l’obiettivo di questa sperimentazione è di riuscire a sfruttare le proprietà biochimiche della seta per la rigenerazione dei tessuti umani, una procedura medica particolarmente delicata.

Per centinaia di anni la seta è stata utilizzata per le suture chirurgiche e ora si sta rivelando una promettente soluzione per innescare l'autorigenerazione del tessuto umano. Oltre ai bachi da seta, i ricercatori stanno concentrando i loro studi su gusci di granchi, gamberi, cozze e calamari, ulteriori possibili elementi naturali in grado di favorire il ripristino della pelle, delle ossa e della cartilagine. Questa ricerca potrebbe certamente rivelarsi funzionale nel trattamento di molte patologie, specie tenendo conto dell’invecchiamento delle popolazioni.

La ricerca fa parte del progetto quinquennale SHIFT, finanziato dall'UE e coordinato dalla professoressa Antonella Motta, ricercatrice in bioingegneria presso l'Università di Trento in Italia; inoltre essa comprende università in Europa e partner in Asia e Australia. Fino al 2026, Il team di ricerca si concentrerà sul potenziamento dei metodi per rigenerare pelle, ossa e cartilagine, utilizzando polimeri a base biologica con l'obiettivo ultimo di curare danni ai tessuti e riparare ferite particolarmente gravi.

Il processo potrebbe essere utilizzato per trattare condizioni come le ulcere diabetiche e il mal di schiena causato dalla degenerazione del disco spinale. Il team di SHIFT ha esplorato procedure minimamente invasive per il trattamento, come gli idrogel che possono essere applicati direttamente sulla pelle o iniettati nell'osso o nella cartilagine.

"La complessità è elevata perché la natura della biologia non è facile", ha dichiarato Motta. "Non possiamo cambiare la lingua delle cellule, ma dobbiamo imparare a parlare la loro stessa lingua".

Nonostante le difficoltà tecniche del procedimento, la ricercatrice crede fermamente che l'approccio basato su elementi naturali sia la strada da percorrere e prevede che i trattamenti che utilizzano i metodi del progetto SHIFT potrebbero diventare disponibili nei primi anni 2030.

Un altro progetto finanziato dall'UE noto come SkinTERM, che durerà fino alla metà del 2025, sta anch’esso esaminando nuovi modi per ottenere l’autorigenerazione dei tessuti, in particolare per quanto riguarda la pelle. Ad oggi, per trattare ustioni e altre ferite superficiali, a volte viene innestato un sottile strato di pelle prelevandolo da un'altra parte del corpo. Tuttavia, ciò può causare la comparsa di cicatrici deturpanti e compromettere la mobilità del paziente quando il tessuto si contrae in fase di guarigione. Inoltre, gli attuali metodi di innesto cutaneo possono essere molto dolorosi.

Il team di SkinTERM sta quindi studiando come indurre il processo di guarigione nelle reti di cellule che circondano una ferita, per poter consentire alla pelle di ripararsi.

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