Nei mesi di febbraio e marzo è scoppiata l'emergenza Covid-19 e nello stesso periodo la Commissione europea si è attivata per cercare risorse finanziarie a sostegno degli Stati Membri. I margini inizialmente erano pochissimi. Il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 stava volgendo al termine e le uniche risorse disponibili si sono rivelate quelle della politica di coesione e dei suoi fondi strutturali. É nata così la Coronavirus Response Investment Initiative. Questa consiste in un aumento della liquidità immediatamente disponibile agli Stati e una flessibilità sulla tipologia di investimenti da finanziare.
Il primo elemento riguarda quasi 8 miliardi di euro relativi agli anticipi concessi agli Stati nel 2019. Normalmente, questi anticipi sono restituiti dagli Stati a chiusura dell'anno contabile. La Commissione ha deciso, data la situazione, di lasciare queste risorse nelle casse dei bilanci nazionali. Considerando anche gli anticipi del 2020, per l'Italia la cifra totale ammonta a 1.8 milardi di euro di liquidità.
Il secondo elemento permette agli Stati di finanziare misure che non sono normalmente sostenute dalla politica di coesione europea: sostegno al reddito, capitale circolante nelle imprese e tutte le misure necessarie per sostenere e rafforzare il sistema sanitario. Queste misure sono entrate in vigore il primo aprile. Nel corso delle discussioni, molti Paesi avevano tuttavia indicato che misure ulteriori sarebbero state necessarie. La Commissione ha presentato così un secondo gruppo di manovre mirate a dare flessibilità finanziaria agli Stati ed alle regioni per destinare le risorse disponibili nella lotta al Covid-19. É cosi che la Commissione propone di potere spostare risorse tra programmi, fondi, regioni, e priorità. Le risorse che erano previste, per esempio, per piani di efficientamento energetico possono essere spostate sulla sanità; le risorse previste per investimenti in une regione meno colpita dal virus possono essere messe a disposizione del sistema sanitario di un'altra regione più esposta.
I fondi strutturali in Italia rappresentano poco più di 50 miliardi di euro sui sette anni, di cui quasi 32 miliardi di risorse europee. L'Italia ha selezionato operazioni per un valore di quasi 41 miliardi.
Le risorse disponibili variano tra i 21 ed i 9 miliardi a seconda che si considerino le operazioni selezionate o quelle impegnate come non più disponibili per finanziare misure relative alla crisi. Le cifre sono però approssimative, perché spesso bandi di gara che sono già stati lanciati non sono inclusi in questi numeri. È necessario, dunque, svolgere una ricognizione programma per programma, priorità per priorità, per stabilire quali sono effettivamente le risorse potenzialmente disponibili per far fronte alla crisi. Il Governo ha recentemente fatto un proposta a tutte le autorità responsabili dei programmi cofinanziati dalla politica di coesione europea, di dedicare il 20% delle risorse alla misure anti-crisi, cioè 10 miliardi di euro. Si tratterebbe invece di poco più di 6.3 miliardi di euro se l'Italia decidesse di non cofinanziare questi interventi.
Altrettanto importante sarà identificare le misure da finanziare, lasciando a ciascuna autorità regionale o nazionale di decidere le misure prioritarie.
La discussione é in corso. La Commissione é in contatto quotidiano con Governo e regioni per accompagnare questo processo e accelerarne la conclusione in modo da potere ripogrammare le risorse a supporto di interventi che sono oggi più che mai urgenti.
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