Effetti sulla salute
Le principali sorgenti artificiali di campi elettromagnetici a bassa frequenza sono gli elettrodotti a media e ad alta tensione e tutti i dispositivi alimentati a corrente elettrica alla frequenza di 50 Hz, quali elettrodomestici, videoterminali ecc.
Alle basse frequenze il campo elettrico e il campo magnetico possono essere considerati indipendenti l'uno dall'altro e rimangono localizzati in prossimità delle sorgenti che li hanno generati.
Il campo elettrico si misura in V/m (volt al metro) ed è proporzionale al valore della tensione elettrica (misurata in volt) che lo genera.
Il campo elettromagnetico si misura in mT (microtesla) o in A/m (ampère al metro) ed è proporzionale all'intensità (espressa in ampère) della corrente che lo genera.
Gli effetti immediati iniziano a manifestarsi a livello di campo elettrico superiori a 5000 V/m e a livelli di campo magnetico superiori a 100 mT.
Essi sono dovuti alla corrente indotta all'interno del corpo umano dal campo elettromagnetico esterno, che, al crescere dell'intensità, dà luogo a conseguenze che partono dalla scossa e possono arrivare all'arresto cardiaco.
I risultati di alcuni studi epidemiologici hanno posto l'attenzione sui possibili effetti a lungo termine, e in particolare sul possibile incremento del rischio di leucemie infantili in relazione all'esposizione a livelli molto bassi, dell'ordine di 0,2 mT, di campi magnetici a bassa frequenza.
Gli studi condotti finora non hanno permesso di individuare una relazione certa e ben definita tra l'esposizione prolungata a campi magnetici di bassa intensità e l'induzione di tumore, nè hanno permesso di escluderla. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che, in mancanza di certezze scientifiche, siano adottate politiche cautelative nei confronti dell'esposizione a questi campi.
Per quanto riguarda le linee ad alta tensione, si può affermare che, alla distanza di 40 metri dalla sorgente, il campo è ridotto a valori di qualche mT. Per quanto riguarda gli elettrodomestici, l'estrema localizzazione dell'emissione intorno alla sorgente fa sì che in alcuni casi l'esposizione riguardi in modo privilegiato una parte del corpo )es. la testa nel caso dell'asciugacapelli, il viso nel caso del rasoio elettrico, il braccio nel caso del trapano...).
Le principali sorgenti artificiali di campi elettromagnetici ad alta frequenza sono gli impianti di telecomunicazione.
A tali frequenze il campo elettromagnetico può essere descritto in termini di onde elettromagnetiche la cui propagazione comporta il trasporto di energia che abbandona la sorgente.
Le intensità dei campi elettrico e magnetico sono tra loro strettamente correlate e decrescono regolarmente allontanandosi dalla sorgente.
Per determinare quanto sia intenso il campo elettromagnetico al quale si è esposti, è possibile misurare il campo elettrico (V/m), il campo magnetico (A/m) o la densità di potenza (W/m2), che rappresenta la quantità di energia trasportata dall'onda elettromagnetica.
Per descrivere invece l'effetto che un campo elettromagnetico induce su un organismo esposto, occorre definire altre grandezze che tengano conto del modo con cui il campo interagisce con l'organismo e la quantità di energia ceduta in seguito all'interazione. La più usata tra queste grandezze è il SAR, misurato in W/kg.
Gli effetti a breve termine indotti dai campi ad alta frequenza sono anche denominati effetti termici, in quanto il loro manifestarsi è dovuto all'innalzamento di temperatura di tessuti provocato dall'assorbimento di energia elettromagnetica trasportata dai campi. L'esposizione a campi con densità di potenza superiore a 100 W/m2, corrispondenti ad un SAR riferito a tutto il corpo maggiore di 4 W/m2 può comportare sterilità, riduzione dei globuli bianchi, cataratta. Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine, gli studi sono ancora insufficienti e presentano risultati in molti casi contradditori. Tali effetti potrebbero essere associati ad esposizioni prolungate a campi di bassa intensità (<0.1W/m2) e sembrerebbero riconducibili ad alterazioni della funzionalità cellulare mediante meccanismi non ancora ben compresi. Alcune indagini condotte in Italia hanno valutato che l'esposizione media della popolazione urbana a tali frequenze è dell'ordine di 0.1 - 2 V/m. Ci possono essere però anche persone che si trovano esposte a campi più elevati, dell'ordine di 10 - 20 V/m, in quanto spesso gli impianti radiotelevisivi, al fine di avere una buona ricezione e trasmissione del segnale, sono dislocati sulla sommità di alture, in aree che, seppur non urbanizzate e scarsamente popolate, sono generalmente, di pubblico accesso e talvolta poste in zone di interesse turistico.
I ripetitori per telefonia mobile meritano un discorso a parte in quanto, pur essendo molto diffusi nell'ambiente urbano, hanno una potenza in antenna molto più bassa rispetto ai ripetitori radiotelevisivi e una emissione limitata ad una ben precisa direzione, e danno quindi luogo ad un'esposizione molto meno significativa. Particolare attenzione merita l'esposizione al campo elettromagnetico generato dal telefono cellulare, che interessa un numero sempre crescente di persone. Esso viene utilizzato in posizioni molto prossime alla testa, se non addirittura a contatto e sono stati pertanto condotto studi al fine di determinare accuratamente l'energia assorbita in organi particolarmente sensibili, come l'occhio ed il cervello. I risultati evidenziano che apparecchi aventi potenza di 1 W possono dare luogo ad assorbimenti locali di energia pari a 2 W/kg, valore che è stato fissato come limite da alcune associazioni scientifiche. In realtà, anche se gli apparecchi cellulari in commercio presentano una potenza in antenna solitamente inferiore a 1 W, l'esposizione a tali sorgenti merita particolare attenzione, soprattutto in relazione al loro sempre più diffuso utilizzo.
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