L'abisso
sab 2.3.2019
L’ABISSO
di e con Davide Enia
musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri
tratto da Appunti per un naufragio (Sellerio Editore)
ACCADEMIA PERDUTA- ROMAGNA TEATRI- TEATRO DI ROMA TEATRO NAZIONALE- TEATRO BIONDO DI PALERMO
Urgente, profondo e attuale il racconto di Davide Enia, scrittore, attore, regista e autore di teatro vincitore, tra gli altri, del Premio UBU, Premio Tondelli, Premio ETI. L’autore attinge ai suoi Appunti per un naufragio(Premio Mondello 2018) per raccontare un’esperienza indicibile: lo spaesamento, il dolore e la rabbia che affiorano dinanzi alla grande tragedia contemporanea degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo.
Per trovare le parole più efficaci, Enia è andato a Lampedusa, ha assistito agli sbarchi dei profughi, ha raccolto per mesi le testimonianze dei sopravvissuti e dei testimoni, dando forma ad un testo che è allo stesso tempo testimonianza storica e percorso esistenziale che riguarda tutti noi.
“Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa assieme a mio padre. Approdarono al molo in tantissimi, ragazzi e bambine, per lo più. Io ero senza parole. La Storia ci accadeva davanti, la Storia che si studia nei libri e che riempie i film e i documentari. Ho trascorso molto tempo sull’isola per provare a costruire un dialogo con i testimoni diretti: i pescatori e il personale della Guardia Costiera, i residenti e i medici, i volontari e i sommozzatori. Rispetto al materiale che avevo precedentemente studiato, in quello che stavo reperendo di persona c’era una netta differenza: durante i nostri incontri si parlava in dialetto. Si nominavano i sentimenti e le angosce, le speranze e i traumi secondo la lingua della culla, usandone suoni e simboli. In più, ero in grado di comprendere i silenzi tra le sillabe, il vuoto improvviso che frantumava la frase consegnando il senso a una oltranza indicibile. In questa assenza di parole, in fondo, ci sono cresciuto. Nel Sud, lo sguardo e il gesto sono narrativi e, in Sicilia, «‘a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice», la miglior parola è quella che non si pronuncia. Ne L’abisso si usano i linguaggi propri del teatro (il gesto, il canto, il cunto) per affrontare il mosaico di questo tempo presente.”
Davide Enia
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