Menu di scelta rapida
Sei in: Home / Cultura / Esposizioni e mostre / 2011 / Percorso mostra / 1949 - 1988 Luci e ombre della democrazia / Stanza 13 / La "Pacem in Terris", il dibattito conciliare

La "Pacem in Terris", il dibattito conciliare

Link alla versione stampabile della pagina corrente


“Riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra
possa essere utilizzata come strumento di giustizia. Però tra
i popoli purtroppo spesso regna la legge del timore. Ciò li
sospinge a profondere spese favolose in armamenti: non già, si
afferma – né vi è motivo per non credervi – per aggredire, ma
per dissuadere gli altri all’aggressione. È lecito tuttavia
sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano
a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro
comune umanità, e abbiano pure a scoprire che una fra le più
profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi
e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l’amore”
Pacem in Terris (dal paragrafo 67)


Giovanni XXIII e la “Pacem in Terris”

La Pacem in Terris rappresenta l’ultimo atto di massimo rilievo pubblico compiuto da Giovanni XXIII. Il testo venne elaborato durante i primi mesi del 1963, quando egli era consapevole della grave malattia che lo spense il 3 giugno. L’enciclica fu promulgata l’11 aprile, Giovedì Santo, in un clima internazionale alquanto rasserenato dopo la “crisi di Cuba” dell’ottobre precedente, nella quale gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si trovarono sull’orlo di una guerra nucleare. In quel frangente l’Italia, stato aderente alla NATO, temette l’invasione delle forze del Patto di Varsavia. Il Concilio Vaticano II era iniziato da pochi giorni, l’11 ottobre. Facendosi portavoce del grido di pace elevato dall’umanità, il 25 ottobre il papa trasmise un appello radiofonico a sostegno delle trattative, che si rivelò decisivo per la soluzione della controversia.

Sebbene poggi sulla dottrina tradizionale del diritto naturale e delle leggi dell’ordine universale inscritte da Dio nella natura umana, la Pacem in Terris offre elementi innovativi di estrema importanza. Tra i principali:
• l’indirizzo rivolto non solo ai credenti, ma anche “a tutti gli uomini di buona volontà”;
• il valore fondamentale attribuito alla persona umana, detentrice di diritti e di doveri universali, inviolabili e inalienabili;
• l’uguaglianza tra gli esseri umani, la parità fra uomo e donna e la condanna del razzismo;
• la centralità della libertà sia dei popoli sia della coscienza, con l’esplicito riferimento alla facoltà di disobbedire alle leggi inique;
• il rifiuto della logica della deterrenza e il richiamo alla fiducia e al dialogo;
• l’esigenza di un disarmo progressivo, definitivo e integrale;
• l’impossibilità di giustificare la guerra nell’era atomica;
• la necessità di un’organizzazione mondiale dotata di poteri efficaci in vista del bene comune universale, in virtù della fraternità e dell’unità del genere umano;
• la correlazione tra pace e sviluppo, in particolare tra l’incremento degli armamenti e la sottrazione di risorse alle popolazioni povere;
• la distinzione tra ideologie erronee e movimenti storici da esse originati, con i quali va esaminata l’opportunità della collaborazione, se interpretano in maniera corretta le giuste aspirazioni della persona umana.

La Pacem in Terris fu subito accolta con generale entusiasmo, nella speranza che potesse preludere alla fine della “guerra fredda”. Ovunque, dopo la scomunica del Sant’Uffizio contro il comunismo (1° luglio 1949), l’enciclica veniva letta ora con favore ora con avversione per le sue aperture all’avvicinamento tra cattolici e comunisti. Questo avvenne specialmente in Italia, dove il segretario della Democrazia Cristiana Aldo Moro stava per tentare un’intesa di governo con i socialisti. Negli anni successivi i contenuti espressi dall’enciclica furono approfonditi sia nei documenti del Concilio (chiuso da Paolo VI il 7 dicembre 1965) sia nel magistero dei pontefici sia nella cultura dei movimenti della pace, anche di matrice laica, promuovendo in tutto il mondo la civiltà della pace e della nonviolenza.