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La Difesa Popolare Nonviolenta

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Una delle critiche che ancora oggi viene mossa a chi si dichiara obiettore di coscienza è che nel mondo reale occorre pur essere in grado di difendersi da aggressioni e minacce. Gli obiettori e i movimenti nonviolenti affrontarono seriamente tale questione e fu Gandhi il primo a proporre forme di resistenza civile e di difesa nonviolenta. Negli anni successivi, attivisti e studiosi elaborarono modelli alternativi di difesa basati sulla nonviolenza, che furono presi in seria considerazione anche da alcuni esperti militari. La storia del Novecento dimostra peraltro che un gran numero di forme di lotta nonviolenta ebbe successo, in misura addirittura superiore a quelle della lotta armata.
In Italia, l'alternativa alla difesa militare fu affrontata sin dal 1968, in un importante articolo su Azione Nonviolenta (giugno-luglio 1968), dove si proponeva un'ampia riflessione sulla difesa popolare nonviolenta (DPN) come soluzione al problema della difesa istituzionale:
"La crescente trasformazione della nonviolenza in un piano di attività costanti e convergenti, destinate a costruire nuove realtà e nuove coscienze, si vede non solo nei grandi fatti della società, ma anche in quegli aspetti del mondo quotidiano. Perché oramai alcuni punti sono chiari: le armi nucleari impongono un diverso modo di considerare i rapporti tra le grandi potenze; la possibilità di rivoluzioni violente all'interno degli Stati va diminuendo e molte persone si vanno orientando verso una permanente rivoluzione nonviolenta.”


La difesa della Patria

C'è un'azione da compiere per sostituire vecchi modi di pensare, che nel dramma di tutto il passato storico dell'umanità sono stati generatori inesauribili di violenze. Si richiede oggi un esame oggettivo dell'espressione "difesa della Patria". Nella mente dei più essa è connessa con due idee: che la difesa non possa essere che con le armi; che la patria sia l'insieme delle cose e delle strutture politico-sociali nelle quali uno vive.
La prima idea è quella che oggi viene discussa da alcuni:
nel senso critico: come è possibile difendere adeguatamente dalle armi nucleari il territorio della patria?
nel senso costruttivo: il metodo nonviolento è in grado di organizzare, nei più minuti particolari, una resistenza nonviolenta, sulla base della noncollaborazione e del rendere molto difficile l'azione bellica dei nemici; che finisce di essere una difesa ancora più risoluta e tenace di quella dei militari... E quel termine "sacro" dovere, quanto più opportunamente sarà usabile per una difesa, quella nonviolenta, che potrà avere nel suo fronte Cristo e Francesco, che di "sacro" si intendevano. Si capisce che la strategia della difesa della patria richiede un addestramento lungo, un'attrezzatura di materiali, una mobilitazione organica.
Un altro vantaggio della strategia della difesa nonviolenta è di rendere evidente che l'assoluto che viene difeso non è tanto un territorio, quanto una patria universale. Questo vuol dire che l'idea stessa di patria viene ad arricchirsi di ideali e ragioni di vita universali.
Nell'art. 52 della Costituzione vi è una distinzione tra la difesa della patria, nel primo comma, che non è prevista come necessariamente armata, e il servizio militare, nel secondo comma, per il quale la "legge" che si auspica potrebbe stabilire l'obiezione di coscienza, e un servizio alternativo non armato, come "limite". Ma ciò che qui importa è di non connettere indissolubilmente l'idea di difesa con l'idea del servizio armato: non lo permette la Costituzione, e tanto meno lo sviluppo dell'idea stessa della difesa.
In conclusione, l'attività della nonviolenza può attuarsi come "difesa" della patria mediante un'organica ed efficiente strategia di difesa nonviolenta, oltre che in altri modi di alta tensione etica e sociale, che sono anch’essi una "difesa" della patria nel quadro dell'umanità."
Nell'agosto 1968, la gente di Praga si difendeva "a mani nude" dalla invasione dei carri armati russi. Per la prima volta gli occidentali si accorsero che la DPN era possibile anche in Europa e aveva addirittura la capacità di combattere ad armi pari un potere militare tecnologicamente avanzato che nello stesso tempo era un potere politico che sembrava inattaccabile.
Vent'anni dopo, nel 1989, le popolazioni dei Paesi dell'Europa dell'Est si ribellavano con lotte nonviolente a regimi autoritari e riuscivano a scalzarli. In più dimostravano che il loro territorio, che sarebbe stato distrutto da una difesa nucleare, veniva preservato dalla difesa nonviolenta, così come sostengono i fautori della DPN.
Nel 1992, il Segretario Generale dell' ONU, Boutros Ghali, lanciava il programma Agenda per la pace, nel quale riconosceva una capacità di difesa della pace mediante il peacekeeping civile.
Trent'anni dopo la “primavera di Praga”, il Parlamento italiano approvava la legge 230/1998 che per la prima volta programmava una "difesa civile non armata e nonviolenta" da parte dello Stato, come primo passo verso la realizzazione di una più completa e strutturata DPN.