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Source: EC Audiovisual Service

09.07.2024 - Europe Direct

Lavorare nell’UE: le difficoltà nel far riconoscere le proprie qualifiche professionali da altri paesi

I cittadini dell’UE hanno la libertà e il diritto di scegliere dove lavorare.

Il Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) garantisce ai cittadini dell’UE il diritto di spostarsi liberamente per motivi professionali e di stabilire la propria attività in un altro Stato membro. Nel 2005 l’UE adottò la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, con l’obiettivo di impedire agli Stati membri di imporre condizioni eccessive ai cittadini che desiderano esercitare una professione regolamentata in un altro Stato membro dell’UE.

Tuttavia, secondo una relazione pubblicata il 1°luglio dalla Corte dei conti europea, far riconoscere le proprie qualifiche professionali continua ad essere problematico. La Corte ha concluso che nonostante il riconoscimento delle qualifiche professionali nell’UE sia un meccanismo essenziale, questo viene utilizzato di rado ed in modo incoerente. Infatti, l’applicazione della direttiva presenta ancora carenze e le informazioni fornite ai cittadini non sono sempre attendibili.

Negli Stati membri, il numero di professioni regolamentate varia notevolmente: secondo un calcolo operato dagli auditor della Corte sulla base di dati del 2023, ogni Stato membro regolamenta in media 212 professioni, il che equivale a circa 5 700 professioni regolamentate in tutta l’UE.

La Corte ha constatato grandi disparità procedurali tra Stati membri nell’applicazione della normativa dell’UE, a scapito di chi desidera esercitare una professione regolamentata altrove nell’UE:

  • innanzitutto, è stato osservato che gli Stati membri non monitorano periodicamente la durata delle procedure di riconoscimento e non sempre agiscono così rapidamente come prescritto dalla direttiva dell’UE;
  • a volte le autorità chiedono più documenti di quanto previsto dalla direttiva e dal codice di condotta (lettere di motivazione, traduzioni giurate, oppure una prova di residenza prima che l’interessato si sia effettivamente trasferito nel paese) oppure la procedura online di riconoscimento risulta inaccessibile;
  • secondo la Corte, raramente vi è una giustificazione del modo in cui sono calcolate le tariffe addebitate, e lo stesso vale per le ragioni per cui dette tariffe differiscono notevolmente tra uno Stato membro e l’altro o tra un’autorità e l’altra;
  • sebbene l’UE abbia adottato alcune misure per modernizzare il riconoscimento e facilitare la cooperazione tra Stati membri (ad esempio tramite la tessera professionale europea e il sistema di informazione online del mercato interno), queste ultime sono usate di rado e non sono di facile utilizzo.

Alla luce di queste constatazioni, la Corte raccomanda di:

  • garantire un’applicazione uniforme del sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali;
  • integrare il meccanismo di allerta nella procedura di riconoscimento;
  • ridurre il termine ultimo per il riconoscimento attraverso il sistema automatico per le professioni settoriali e Garantire informazioni attendibili e coerenti per i cittadini.

Per quanto riguarda invece il settore dell’istruzione, al fine di aumentare la cooperazione tra gli Stati membri dell’UE e agevolare la mobilità degli studenti e dei lavoratori, lo scorso marzo la Commissione ha presentato un piano per un diploma europeo. Si tratta di un nuovo tipo di diploma, riconosciuto automaticamente in tutta l'UE, rilasciato dopo aver partecipato a programmi transnazionali di laurea, master o dottorato erogati a livello nazionale, regionale o istituzionale.

Questo strumento, per gli studenti, offrirà maggiori opportunità di studiare in varie università in diversi paesi dell'UE e di laurearsi con un diploma universalmente riconosciuto. Per i datori di lavoro invece, faciliterà l'assunzione di laureati altamente qualificati e pronti ad affrontare le sfide di un mondo in rapida evoluzione.

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